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Friday, January 21, 2011

Un secolo di Marassi tra gol, fantasmi e leggende

Compie un secolo il Ferraris di Genova, il primo tempio del calcio in Italia, inaugurato il 22 gennaio 1911. Secondo il Fai è il principale monumento ligure. Ha ospitato due edizioni della Coppa del mondo ('34 e '90), sarà ristrutturato per Genoa e Sampdoria

di MASSIMO CALANDRI
Un secolo di Marassi tra gol, fantasmi e leggende

GENOVA
- Dal monocolo del marchese Musso Piantelli alle cesoie di Ivan il Nero fa un secolo. Un secolo di storia e di emozioni, di preghiere e di bestemmie, di pianti e di urrà. Di cori, fischi, bandiere. Un secolo di sogni. Era cominciato tutto il 22 gennaio 1911 con un match tra Genoa e Internazionale di Milano. Buon compleanno, Luigi Ferraris: cento candeline per cento anni di gol da favola e partite memorabili, pallonate in tribuna e squallidi pareggi, invasioni di campo, retrocessioni e scudetti: tre rossoblù, uno blucerchiato. Calcio ma anche rugby, concorsi ippici, baseball. Concerti pop, opere liriche, esercitazioni militari. Scimmie, Ufo, fantasmi e una maledizione. Uno stadio ribattezzato il Tempio. Una scatola magica nata per custodire leggende.

Lo stadio più inglese e più antico d'Italia. Il primo monumento ligure da preservare ai posteri, secondo un censimento del Fondo Ambientale Italiano. Più importante dell'Abbazia di San Fruttuoso di Camogli, della cattedrale di San Lorenzo, della grotta di Byron a Portovenere o delle caverne paleolitiche dei Balzi Rossi. Perché Marassi, come è meglio conosciuto per via del quartiere popolare sorto tutt'intorno, rappresenta davvero un pezzo di storia della città e del paese intero. Una storia che sembra uscita dalle pagine di un libro d'avventura, invece è tutto vero.

Qui nel 1935 si giocava già a rugby, l'unico sport cui il regime non "italianizzò" il nome: l'Italia superò la Catalogna, che aveva una sua nazionale. Sessantacinque anni più tardi Lo Cicero avrebbe fatto a cazzotti con gli All Blacks sotto la Gradinata Nord. Dicono che i boati per le reti segnate dal Genoa alla Juventus abbiano coperto il rumore del bombardamento navale degli inglesi, il 9 febbraio del 1941. Durante l'occupazione, con la palla ovale ci si allenavano gli Alleati: i pali erano gialli e neri, qualche yankee provò persino col football Usa. Cinquant'anni fa si esibì la nazionale di baseball cubana, al primo incontro europeo nel segno di Fidel Castro. Su questo prato hanno cantato l'opera, Bruce Springsteen ha ballato la tarantella insieme alla mamma e alla zia. Frank Zappa festeggiò la vittoria azzurra sul Brasile dell'82, Lou Reed giurò di aver chiuso con l'eroina. Dalla e De Gregori scoprirono che quella prima tournée insieme poteva essere un successo. Nei magazzini sotto le gradinate, per anni i fabbri del Comune di Genova hanno forgiato ringhiere e cancelli. E c'era una stanza dove si ricoveravano gli animali feriti trovati nei parchi cittadini: una piccola scimmia fu accudita per settimane, nutrita con banane e frutta regalate dai verdurai del mercato di corso Sardegna. Prima c'erano carbone e fascine sotto il terreno, per impedire le pozzanghere, e il campo era in salita: il dislivello tra la linea di porta e il centrocampo era di quasi di mezzo metro.

Era il prato migliore d'Europa. Poi nel Novanta arrivarono le riprese televisive da una porta all'altra, e allora via la gobba. Adesso rizollano ogni due mesi e nessuno è mai contento. Ci avevano seppellito due medaglie, sotto terra, una d'argento e l'altra d'oro. Quando hanno rifatto il terreno non c'erano più. Qui hanno giocato due Mondiali di calcio. Marcò pure Leonidas, che "segnava gol così belli che anche i portieri si rialzavano per congratularsi". Narrano che tutte le notti i fantasmi dei campioni scomparsi provino e riprovino le azioni sbagliate quando erano in vita, fino a quando la palla non entra in rete. E non mancano gli Ufo, naturalmente: per anni i giardinieri hanno trovato delle misteriose macchie d'erba bruciata a forma di cerchio. Qualcuno sostiene che siano le pipì dei gatti randagi del quartiere, ma non è mai stato provato.

Luigi Ferraris era il centromediano del vecchio Genoa, quello che vinceva tutti gli scudetti. Morì nella Grande Guerra insieme ad altri 25 soci del club (tra gli altri, il terzino Casanova e il leggendario dottor James Spensley, icona rossoblù). Sarà anche per questo che i tifosi del Grifone si sentono i soli padroni di casa. Ma in questo stadio la Samp ci ha vinto un campionato con Vialli e Mancini. E poi qui ci giocava già l'Andrea Doria all'inizio del secolo scorso, in un campo che correva accanto a quello del Genoa: la Cajenna, lo chiamavano.

Da alcuni mesi l'amministrazione comunale genovese ha deciso per il restyling della struttura: insieme agli incontri di calcio tornerà ad ospitare concerti musicali ma anche pièces teatrali, un museo del football su tre piani e convegni. In autunno è stato celebrato il primo matrimonio con foto di rito sul prato. Lo sposo era genoano, la sposa blucerchiata. Hanno pagato seicento euro. "Deve essere un luogo di incontro, di socializzazione: una pagina del passato, del presente e del futuro, a disposizione della città e dei turisti", spiega l'assessore allo sport Stefano Anzalone. Domani sono in programma delle visite guidate per le scuole con visite alle gradinate, spogliatoi, al laboratorio agronomo e proiezione di un video sulla storia del Tempio. Sabato, per festeggiare il centenario, porte aperte al pubblico. I superstiziosi tirano un sospiro di sollievo: avrà termine anche la "maledizione della vecchia", l'anatema dell'anziana proprietaria di un piccolo orto che cent'anni fa fu espropriato per completare la costruzione del campo da gioco. Marassi domenica ospiterà un delicato Sampdoria-Juventus: "Mi accontenterei di celebrare con una vittoria", taglia corto il presidente Riccardo Garrone, che non ha mai nascosto il desiderio di costruire un nuovo stadio genovese, tutto blucerchiato.

Ivan il Nero è l'ultrà serbo che in occasione delle qualificazioni europee ha sfondato a sprangate le vetrate, sradicato seggiolini, imbrattato muri, s'è arrampicato sulle barriere di recinzione e ha tagliato le reti a colpi di cesoia. Non lo sapeva, d'essere a cavalcioni della storia. Il marchese Musso Piantelli, nobile membro del Genoa Cricket and Football Club, è quello che cent'anni fa mise a disposizione un terreno davanti alla sua villa cinquecentesca, di solito lasciato ai cavalli del maneggio. Dicono che da allora tutti, ronzini e fuoriclasse, abbiano sempre corso liberi. E felici.

Tratto da: http://www.repubblica.it/

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