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Saturday, November 19, 2011

Il mistero delle stelle in fuga nello spazio


Credit: Science

La maggior parte delle stelle della nostra galassia si muove in modo relativamente lento. Tuttavia, circa il 20 per cento di tutte le stelle massicce nella Via Lattea viaggiano insolitamente veloci, a più di 108.000 km/h. L’origine di queste stelle in fuga ha lasciato perplessi gli astronomi per quasi 50 anni. Alcuni sospettano che in passato fossero compagne di stelle esplose come supernovae. Altri ipotizzano che fossero appese nello spazio dalla forza di gravità di altre stelle. Ma i ricercatori avrebbero scoperto che le stelle più veloci possano derivare da un ménages à trois – ossia da incontri con sistemi binari nei centri di ammassi di stelle, che dopo avere gettato verso l’esterno forti interazioni gravitazionali, incrementino la velocità delle fuggitive. Per raggiungere questo risultato, gli scienziati hanno sviluppato complicate simulazioni al computer sul comportamento degli ammassi stellari. I modelli coinvolgono ammassi di stelle da 5.000 a 10.000 volte la massa del Sole e le osservazioni reali delle oltre 100 stelle in fuga rilevate intorno ad ammassi giovani nella nostra galassia, ossia quelli di età superiore a 1 milione di anni. Una conseguenza di questi risultati è che ammassi stellari possono “nascere con una densità molto superiore a quella osservato nei gruppi di oggi“, ha detto il co-autore Simon Portegies Zwart, un astrofisico presso l’Università di Leiden nei Paesi Bassi. Una volta densi, gli ammassi stellari possono avere scagliato le stelle lontano. “Si può imparare forse di più sulla storia di un ammasso stellare, cercando lontano da esso,” ha dichiarato Portegies Zwart a SPACE.com. Per cercare ulteriori prove di questo modello, Portegies Zwart ed i suoi colleghi potrebbero tentare di tracciare la traiettoria delle stelle in fuga all’indietro per vedere se in effetti emergono dai sistemi binari. Portegies Zwart e il suo collega Michiko Fujii, divulgheranno i dettagli dei loro risultati nel numero del 17 Novembre della rivista Science.

Renato Sansone

Fonte: http://www.meteoweb.eu

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