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Sunday, March 31, 2013

ITALIA NUCLEARE: VIA LIBERA AL PERICOLO CEMEX

Lo Stato italiano sceglie la strada più facile, ma moltiplica a dismisura il grave rischio nucleare. «Nel Cemex i rifiuti radioattivi liquidi saranno cementati e condizionati in vista del loro trasferimento al Deposito Nazionale» recita l’ultimo comunicato stampa della Sogin (28 marzo 2013), la società per azioni – in netto ritardo sui tempi di dismissione nucleare – controllata dal ministero del Tesoro, che dal 1999 ha l’incarico di “bonificare” l’atomo civile

 

Ora il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti approva la realizzazione del complesso Cemex che consentirà di cementare e condizionare i rifiuti radioattivi liquidi ad alta attività (i più pericolosi) presenti nell’impianto Eurex di Saluggia (Vercelli). Queste scorie saranno conservate all’interno del deposito temporaneo D3, in vista del loro successivo trasferimento al deposito unico nazionale.
Lo rende noto la Sogin che nei giorni scorsi ha firmato il contratto d’appalto per la progettazione esecutiva e la costruzione del complesso, attività che saranno ultimate in 42 mesi. «Una tappa fondamentale – rileva l’azienda – per proseguire le attività di bonifica dell’impianto Eurex».
Il decreto di autorizzazione per la realizzazione del complesso Cemex, all’interno del sito Eurex di Saluggia, pubblicato sul sito internet del dicastero, «è stato emesso al termine della Conferenza dei servizi, nel corso della quale è stata raggiunta l’intesa fra Stato e Regione Piemonte – spiega Sogin – Tale atto conclude l’iter autorizzativo per le opere di interesse pubblico, e sostituisce, ad ogni effetto, atti di intesa, pareri, concessioni, anche edilizie, autorizzazioni, approvazioni, nulla osta, previsti da leggi statali e regionali».
Tutto a posto? «Il complesso Cemex, comprensivo del deposito temporaneo D3 – sottolinea la Sogin – aveva ottenuto, nel 2008, il decreto di compatibilità ambientale Via dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e, nel 2010, l’autorizzazione del Ministero dello Sviluppo Economico (prevista dall’art.6 della legge 1860/62)». Secondo la Sogin «tale atto conclude l’iter autorizzativo, previsto dal D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383 e s.m.i, per le opere di interesse pubblico, e sostituisce, ad ogni effetto, atti di intesa, pareri, concessioni, anche edilizie, autorizzazioni, approvazioni, nulla osta, previsti da leggi statali e regionali».
Irresponsabilità istituzionale – La pratica di cementare gli scarti atomici è un’abitudine tutta italiana, bocciata a livello scientifico internazionale, già praticata nel centro di ricerca atomica dell’Enea in Basilicata. Il primo cimitero nucleare italiano è stato realizzato alla Trisaia di Rotondella (provincia di Matera), in riva al fiume Sinni a poche centinaia di metri dal mar Jonio, scavando delle semplici fosse nella nuda terra, ben 40 anni fa. L’operazione segreta, oltretutto, ha devastato un’ area archeologica e gli antichi siloi. In pasta al cemento: basta scorrere la letteratura in materia per rendersi conto dell’assurdità. D’altronde, l’Italia, al pari di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Unione Sovietica (Russia), Svizzera, Germania ha affondato nelle profondità marine, lontano da occhi indiscreti, la propria melma nucleare già a partire dalla fine degli anni Sessanta. I documenti dell’Unione europea lo certificano senza alcun dubbio. La malsana idea di inglobare nel cemento i rifiuti nucleari più pericolosi è del generale Carlo Jean (nominato nel 2003 da Berlusconi, commissario per l’emergenza nucleare), e diventa operativa il primo luglio 2004.
Sul caso Cemex, il 28 dicembre 2006 Alessandro Longhi ha presentato al Governo Prodi l’interrogazione a risposta scritta numero 4-02096. L’atto parlamentare non ha mai avuto risposta. Secondo Longhi, tra l’altro, “il progetto Cemex avrebbe un valore di circa 80 milioni di euro”. A tutt’oggi non è stata ancora individuata dalla scienza e dalla tecnologia l’esatta miscela di cemento in grado di inertizzare le scorie atomiche. Con la vetrificazione (una tecnica usata in Francia e Gran Bretagna) si sarebbe speso la metà.
Il centro di ricerche Eurex (Enriched Uranium Extraction) di Saluggia di proprietà dell’Enea, risulta in funzione dal 1970 al 1984. In loco si riprocessavano le barre di combustibile della centrale di Trino e della centrale di Petten (Olanda) per estrarne uranio e plutonio.
Il punto nodale: i livelli di contaminazione radioattiva erano già noti alle autorità italiane negli anni ’70, ben prima del disastro di Chernobyl (1986). E’ sufficiente leggere con attenzione i rapporti del Cnen e dell’Enea riguardo alla centrale atomica del Garigliano ed all’inquinamento di suolo, sottosuolo, nonché di un’ ampia area marina del Tirreno. I rilasci radioattivi sono avvenuti a seguito di incidenti nascosti all’opinione pubblica ed alcune piene del fiume Garigliano, attraverso le emissioni in aria e gli scarichi liquidi. La catena alimentare risulta compromessa da alcuni decenni. Riferimenti bibliografici? C’è l’imbarazzo della scelta oper chi vuole documentarsi e capire in quale inferno i governanti italioti per conto terzi hanno ridotto l’Italia. E’ sufficiente studiare gli atti del convegno organizzato dall’Enea il 14 giugno 1983 a La Spezia: Un esempio di analisi ecologica del sistema marino-costiero. Da Capo Circeo all’isola di Ischia. Il più interessante contributo scientifico è senz’altro quello di Papucci e Lovarello, dal titolo: La distribuzione dei radionuclidi tra Capo Circeo e l’Isola di Ischia.
Anche basi dosi di radiazioni sono dannose per la salute dell’essere umano. Gianni Mattioli, docente di Fisica alla Sapienza non ha dubbi in merito: «Il danno sanitario da radiazioni è un danno senza soglia. Dosi anche piccole di radioattività innescano spesso processi di tumori, leucemie, tanto che la definizione di “dose massima ammissibile” per i lavoratori e per le popolazioni, fornita dalla Commissione internazionale per la radioprotezione, invece di essere “quella particolare dose al di sotto della quale non esiste rischio”, è curiosamente “quella dose cui sono associati effetti somatici, tumori e leucemie, che si considerano accettabili a fronte dei benefici economici associati a siffatte attività o radiazioni”. Attualmente la dose per i lavoratori di una centrale è di 20 millisievert e per le popolazioni di un millisievert, che rappresenta in media il raddoppio del fondo naturale di radiazioni – puntualizza il padre della lotta nucleare italiane negli anni ’80 – Se gli stessi criteri fossero applicati ad una fabbrica di auto con 50 mila dipendenti, ad esempio la Fiat, ogni anno avremmo 50 operai ammalati di tumore».
L’Europa uccide – Il 3 novembre 2010 la Commissione europea ha proposto una direttiva sullo stoccaggio degli scarti atomici. In sintesi: secondo questa Commissione la soluzione è disfarsi dell’ingombrante spazzatura nucleare nascondendola sotto terra, magari in un altro Stato. Nulla di nuovo: solo che ora c’è una copertura apparentemente a norma di legge. In altri termini, si legalizza un andazzo criminale degli Stati occidentali (in primis: Europa & Stati Uniti) che per decenni hanno occultato nei Paesi del terzo mondo, soprattutto in Africa (alla voce Somalia: progetto Urano 2), ma anche nel Mar Nero a danno in particolare della Turchia, enormi quantitativi di rifiuti chimici e nucleari. I burocrati di Bruxelles si sono affidati al Joint Research Centre e all’European Implementing Geological Disposal Technology Platform. Proprio quest’ultima società di ricerca sostiene in un documento finanziato dall’Euratom, che lo «stoccaggio in depositi profondi è la soluzione più appropriata» per disfarsi dei rifiuti nucleari.
Secondo un rapporto di Helene Wallace, direttore dell’istituto di ricerca GeneWatch «finora non esiste un impianto in nessuna parte del mondo dimostratosi all’altezza di questo compito che prevede un “deposito di sicurezza” per materiale variamente confinato che presenta rischi sanitari e ambientali per una arco di tempo stimabile nelle decine o nelle centinaia di migliaia di anni».
Sempre a proposito dell’Unione europea: ad Ispra – a meno di 50 chilometri dal centro di Milano – sorge un centro nucleare (ex Euratom) ceduto in proprietà dallo Stato italiano all’Ue. Nel sito ci sono due reattori nucleari in fase di dismissione dall’anno 2005 e ben 12 mila metri cubi di scorie atomiche – in condizioni di evidente insicurezza – insaccate in migliaia di fusti in pessime condizioni da 220 litri (progettati per resistere solo alcuni anni); ed inoltre sono presenti alcune decine di elementi di combustibile irraggiato. Già nel 1980 l’Enea aveva avvertito la popolazione locale di non bere l’acqua del Lago Maggiore, di non mangarne i prodotti lacustri e addirittura di non bagnarvisi. Proprio qui ha mosso i primi sulla scena delle ecomafie internazionali, il famigerato Giorgio Comerio con i suoi siluri penetratori. Ed infine, in loco, è stato sviluppato negli anni ’70 il progetto costato 120 milioni di dollari, finanziato dalla Cee e dagli Stati Uniti d’America, che prevedeva l’affondamento negli abissi marini delle scorie nucleari.
Mafie di Stato – Ad onor di cronaca: per lo smantellamento della centrale nucleare di Caorso la stessa Sogin si affidò nel 2008, senza gara d’appalto, alla ditta Eco.ge dei Mamone: una famiglia calabrese considerata dalla Direzione investigativa antimafia, “imparentata ed organica alla ‘ndrangheta”. Dopo aver fatto questa scoperta direttamente nel sito nucleare in riva al Po,  fui contattato da due funzionari della Sogin che mi chiesero di tenere la bocca chiusa; in sostanza, pretesero omertà, ma non la ottennero. Infatti alla presenza del mio legale feci verbalizzare da un ufficiale e due sottufficiali del Noe carabinieri di Roma, i risultati di questa scoperta giornalistica e ne parlai pubblicamente in una serie di incontri pubblici. Dopodiché misi direttamente al corrente alcuni magistrati della Procura Nazionale Antimafia. Risultati giudiziari a tutt’oggi? Non pervenuti. In compenso, sono giunti attentati e minacce di morte.
Lo scenario in mano ai servizi segreti ed alla criminalità organizzata per lavori di bassa manovalanza, è catastrofico: addirittura il Governo Berlusconi nel 2003 ha posto il segreto di Stato sulla centrale nucleare militare di San Piero a Grado, ad un soffio da Pisa. Da allora, esclusa incredibilmente dalla contabilità nucleare nazionale. In loco le scorie atomiche (di terza categoria) sono state seppellite nella pineta marittima di Migliarino San Rossore: un’area protetta sulla carta.
In ogni caso nello Stivale, come sempre si fa finta di nulla: carichi radioattivi che sfuggono ad ogni controllo, grazie alle tacite connivenze dell’autorità centrale e di quelle periferiche. In quale buco nero vanno a finire attualmente i rifiuti radioattivi (e relative sorgenti) di origine sanitaria e industriale?
La devastazione dell’ambiente è la cartina di tornasole della rapina economica, del degrado morale e della sudditanza politica a Nazioni straniere. La salute di città, paesi e territori minacciata da fiumi sotterranei d’ogni sorta di veleni mortali. E la barca va… all’affondamento, mentre imperversano le distrazioni grullesche ed il potere finanziario a livello internazionale detta sempre più legge.
(Rock solid’ A Scientific Review of Geological Disposal of High-Level Radioactive Waste):
http://www.greenpeace.org/eu-unit/press-centre/reports/rock-solid-a-scientific-review http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=nucleare
inquinamento nucleare d’Italia, prima del disastro di Chernobyl (bibligrafia di sintesi):
Anselmi, B., Benvegnu, F., Brondi, A., Ferretti, O, 1979 – Studi sui parametri biologici rilevanti al fine della contaminazione ambientale del territorio nazionale – Cnen RT/prot (79) 14.
Anselmi, B., Ferretti, O., Papucci, C., 1981 – Studio preliminare dei sedimenti della piattaforma costiera della zona della foce del Garigliano. Rendiconti Soc. Ital. di Min. e Petrografia, 38 (1): pp. 367-384.
Anselmi, B., Brondi, A., Ferretti, O., Papucci, C., 1983 – Connessioni tra geormofologia costiera, granulometria dei sedimenti e distribuzione di radionuclidi in zone marine subcostiere. Annali di Radioprotezione, 1982, pp. 109-129.
Antonelli, A., Castaldo, M., Cigna Rossi, L., Laneri, U., Pagnotta, R., 1970 – Primi risultati di un’indagine radioecologica sul fiume Garigliano. Atti del XVI congresso nazionale Associazione Italiana di Fisica Sanitaria e di Protezione contro le radiazioni. Firenze 24-26 settembre 1970.
Antonelli, A., Castaldo, N., Cigna Rossi, L., Laneri, U., Pagnotta, R., 1971 – Determinazione dei fattori di concentrazione in componenti abiotici e biologici del fiume Garigliano in Proceedings of the International Symposium on Radioecology applied to the Protection of man and his Environment. Rome, 7-10 September 1971.
Enel, 1977 (e aggiornamenti) – Informazioni relative alla richeista di revisione delle prescrizioni tecniche per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi della centrale del Garigliano.
(foto Gilan: Cemerad, scorie radioattive abbandonate)
 
 Gianni Lannes
 

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