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Thursday, March 28, 2013

L’incidente di Three Mile Island

34 anni fa gli Stati Uniti vivono il peggior incidente nucleare della loro storia. Ecco cosa era successo!

 

Sono le 4 di mattina del 28 marzo 1979 a Three Mile Island (Pennsylvania). E qualcosa nel reattore dell’unità 2 della centrale nucleare non funziona. Quel qualcosa darà inizio all’ incidente nucleare più grande nella storia degli Stati Uniti, tristemente ricordato insieme a quello di Chernobyl, e in tempi più recenti a quello di Fukushima. A causarlo fu un malfunzionamento dell’impianto, insieme all’errore umano degli operatori impegnati alla centrale.

Gli eventi che scatenarono il disastro, in breve, furono questi: una valvola che avrebbe dovuto chiudersi restò invece aperta; il circuito refrigerante controllato dalla stessa valvola cominciò a svuotarsi, e il core del reattore a surriscaldarsi. Gli operatori, ignari del malfunzionamento della valvola, che il sistema segnalava come chiusa, peggiorarono la situazione riducendo il flusso di refrigerante dei sistemi di emergenza. La conseguenza fu un ulteriore surriscaldamento e la parziale fusione del nucleo. Fortunatamente gran parte dei danni furono confinati, i sistemi protettivi del reattore 2 rimasero intatti, riuscendo a contenere buona parte del materiale radioattivo.

La sera del 28 marzo, dopo ore convulse, il sistema di raffreddamento era stato ripristinato. Ma due giorni dopo, a far paura arrivò la notizia di rilascio di materiale radioattivo. L'allarme costrinse il Governatore della Pennsylvania a suggerire l’evacuazione a scopo cautelativo della popolazione più sensibile, come donne in gravidanza e bambini che si trovavano nel raggio di cinque miglia dalla centrale.

L’annuncio generò il panico tra gli abitanti del luogo, e solo l’arrivo del presidente Jimmy Carter alla centrale, due giorni dopo,  riuscì in parte a rassicurare la popolazione, per la quale gli eventi degli ultimi giorni erano sembrati quasi la trasposizione nella realtà de La sindrome cinese, il film uscito poco tempo prima che parlava proprio di un incidente nucleare.

Le ripercussioni sulla salute furono piuttosto limitate, senza morti o feriti correlati direttamente all’incidente. Stando a quanto scrive il report di Mitchell Rogovin e George T. Frampton, i due milioni di abitanti nelle zone circostanti della centrale avevano ricevuto in media poco più di 1 millirem di radiazione in seguito agli eventi (che avevano rilasciato a loro volta 2,5 milioni di curie di gas nobili radioattivi e 15 curie di radioiodio). Ovvero meno dell’1% delle dosi ricevute annualmente attraverso la radiazione ambientale o la pratica medica, tanto che la Nuclear Regulatory Commission conclude come gli studi condotti da diverse istituzioni per misurare il danno causato dall’incidente mostrano effetti “trascurabili sulla salute fisica delle persone e dell’ambiente” (sono diverse le ricerche che avrebbero indagato la correlazione tra esposizione alle radiazioni ed effetti sulla salute, con risultati a volte contrastanti).

Decisamente più marcati furono gli effetti dell’incidente (di livello 5 nella scala Ines dell’agenzia internazionale per l’energia atomica) sulle politiche energetiche del paese: gli Usa per oltre trent’anni non avrebbero approvato la realizzazione di nuove centrali nucleari.

Sono le 4 di mattina del 28 marzo 1979 a Three Mile Island (Pennsylvania). E qualcosa nel reattore dell’unità 2 della centrale nucleare non funziona. Quel qualcosa darà inizio all’ incidente nucleare più grande nella storia degli Stati Uniti, tristemente ricordato insieme a quello di Chernobyl, e in tempi più recenti a quello di Fukushima. A causarlo fu un malfunzionamento dell’impianto, insieme all’errore umano degli operatori impegnati alla centrale.

Gli eventi che scatenarono il disastro, in breve, furono questi: una valvola che avrebbe dovuto chiudersi restò invece aperta; il circuito refrigerante controllato dalla stessa valvola cominciò a svuotarsi, e il core del reattore a surriscaldarsi. Gli operatori, ignari del malfunzionamento della valvola, che il sistema segnalava come chiusa, peggiorarono la situazione riducendo il flusso di refrigerante dei sistemi di emergenza. La conseguenza fu un ulteriore surriscaldamento e la parziale fusione del nucleo. Fortunatamente gran parte dei danni furono confinati, i sistemi protettivi del reattore 2 rimasero intatti, riuscendo a contenere buona parte del materiale radioattivo.

La sera del 28 marzo, dopo ore convulse, il sistema di raffreddamento era stato ripristinato. Ma due giorni dopo, a far paura arrivò la notizia di rilascio di materiale radioattivo. L'allarme costrinse il Governatore della Pennsylvania a suggerire l’evacuazione a scopo cautelativo della popolazione più sensibile, come donne in gravidanza e bambini che si trovavano nel raggio di cinque miglia dalla centrale.

L’annuncio generò il panico tra gli abitanti del luogo, e solo l’arrivo del presidente Jimmy Carter alla centrale, due giorni dopo,  riuscì in parte a rassicurare la popolazione, per la quale gli eventi degli ultimi giorni erano sembrati quasi la trasposizione nella realtà de La sindrome cinese, il film uscito poco tempo prima che parlava proprio di un incidente nucleare.

Le ripercussioni sulla salute furono piuttosto limitate, senza morti o feriti correlati direttamente all’incidente. Stando a quanto scrive il report di Mitchell Rogovin e George T. Frampton, i due milioni di abitanti nelle zone circostanti della centrale avevano ricevuto in media poco più di 1 millirem di radiazione in seguito agli eventi (che avevano rilasciato a loro volta 2,5 milioni di curie di gas nobili radioattivi e 15 curie di radioiodio). Ovvero meno dell’1% delle dosi ricevute annualmente attraverso la radiazione ambientale o la pratica medica, tanto che la Nuclear Regulatory Commission conclude come gli studi condotti da diverse istituzioni per misurare il danno causato dall’incidente mostrano effetti “trascurabili sulla salute fisica delle persone e dell’ambiente” (sono diverse le ricerche che avrebbero indagato la correlazione tra esposizione alle radiazioni ed effetti sulla salute, con risultati a volte contrastanti).

Decisamente più marcati furono gli effetti dell’incidente (di livello 5 nella scala Ines dell’agenzia internazionale per l’energia atomica) sulle politiche energetiche del paese: gli Usa per oltre trent’anni non avrebbero approvato la realizzazione di nuove centrali nucleari.

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