Statistiche

Saturday, April 27, 2013

Il nucleare in Piemonte

26 aprile 1986, ore 1.23: scoppio del reattore numero 4 della Centrale Nucleare V.I. Lenin di Chernobyl. A 27 anni dall’accaduto si tratta tutt’ora di uno dei due più grandi incidenti nucleari, classificati come catastrofici con livello 7 (il secondo è quello di Fukushima Dai-ichi nel 2011)

Oggi, vista la ricorrenza, non potevo quindi non dedicare il Karkadè all’argomento “nucleare”, dato che nonostante i pochi pro (più che altro economici) e i tanti contro, se ne continua a parlare, e soprattutto ci viene chiesto ancora “Perché no in Italia?”.
Beh, personalmente risponderei no, per vari motivi.
Sarà anche vero una centrale nucleare non emette anidride carbonica ed ossidi di zolfo e azoto nell’aria, quindi non inciderebbe sul buco dell’ozono e quindi sull’effetto serra, ma le possibili conseguenze in caso di incidente? Per questo basta farsi un bel giretto su Youtube per rendersi conto realmente degli orribili effetti delle radiazione sul corpo umano e animale, oltre alla deturpazione dell’ambiente naturale che ci circonda.
Ma in realtà il problema fondamentale che mi preoccupa di più sono le scorie, ovvero tutti i materiali di rifiuto prodotti da una centrale nucleare, che non possono essere distrutti e che, per il momento, l’unica soluzione sembra sia lo stoccaggio per migliaia di anni in depositi geologici o ingegneristici.
Molti piemontesi credo non sappiano che proprio nella nostra regione è stoccata la maggiore quantità di rifiuti radioattivi a livello nazionale, dato che il Piemonte ospita ben tre siti nucleari presso i quali hanno sede quattro impianti rappresentativi di tutto il ciclo del combustibile nucleare: l’impianto di Bosco Marengo, l’impianto di Saluggia, il Deposito Avogadro di Saluggia e la centrale “E. Fermi” di Trino.
Tutti questi impianti hanno cessato la loro attività nel 1987, dopo il referendum nazionale, ma sono comunque oggigiorno depositi temporanei di stoccaggio di rifiuti radioattivi solidi e liquidi. Sono posizionati oltretutto vicino a fiumi affluenti del Po, e soprattutto in prossimità di falde acquifere, rappresentano un vero e proprio pericolo, soprattutto perché all’interno di essi sono ancora in atto attività legate alla gestione dei rifiuti in sicurezza, e le prime operazioni di decommissioning: attività che possono produrre un impatto ambientale di tipo radiologico.
Sempre in Piemonte, in questi ultimi giorni, si sta parlando anche di cinghiali radioattivi, prima in Valsesia e ora anche nel Verbano Cusio Ossola, più precisamente in Val Vigezzo, Val Canobina e Val Anzasca. Si tratta di una trentina di cinghiali che, sottoposti ai test, risultano contaminati da cesio-137, ovvero un isotopo radioattivo del metallo alcalino cesio. Per ora nessuno si pronuncia più di tanto riguardo alle cause di questo contagio, ma tra le ipotesi vi è quella del possibile allevamento clandestino di cinghiali, importati e non, nutriti con mangime proveniente dall’Est Europa.

Nella nostra regione, oltretutto molte sono state in questi anni le opposizione delle popolazioni che si vedono passare vicino alle proprie abitazioni, treni con carichi radioattivi. Già, perché non dobbiamo poi sottovalutare il trasporto di materiale nucleare, che è anche questo uno degli aspetti più critici della questione "sicurezza", dato che proprio durante il trasporto sussiste il rischio di incidenti e di attentati terroristici. Per questi motivi i depositi di scorie dovrebbero risiedere nei pressi delle centrali nucleari evitando in questo modo la necessità del trasporto delle scorie.

Si sa poi che l’energia nucleare ha dalla sua parte molti vantaggi economici, a partire dalla riduzione dell’importazione del petrolio, passando per un minor carico di spesa sui pagamenti con l’estero, quindi una maggiore stabilità economica nazionale. Ma questo risparmio, è davvero più grande della vita?
Foto Marco Menu - Flickr


No comments:

Post a Comment

Note: Only a member of this blog may post a comment.