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Tuesday, August 27, 2013

Le centrali nucleari in Italia. Il caso del Garigliano (Prima Parte)

Quale era il contesto in cui fu realizzata la prima centrale elettronucleare italiana? Quali erano le tecnologie disponibili all'epoca? Dove sono stati trasferiti i rifiuti nucleari della centrale del Garigliano? Quali sono state le conseguenze per la popolazione del “cratere nucleare”?
Dopo decenni di battaglie ambientaliste, solo da qualche anno ha iniziato a diradarsi il velo di silenzio sull'intera vicenda dell'ecomostro nucleare del Garigliano, chiuso nel 1978 a seguito dei ripetuti incidenti, di cui a tutt'oggi si possiede solo una documentazione parziale.
Ancora oggi, l'area del cosiddetto “cratere nucleare” in cui risiedono diverse decine di migliaia di persone - compresa tra i comuni di Sessa Aurunca, Roccamonfina, Cellole e Mondragone, sul versante della provincia di Caserta; e Castelforte, SS. Cosma e Damiano, Minturno, Formia e Gaeta, nel basso Lazio, a nord del fiume Garigliano - vive nella rimozione di quello che può avere prodotto sulle vite, e sui prodotti della terra, la presenza di un impianto, costruito a pochi metri dalle sponde di un fiume, in una pianura nota fin dall'antichità per le periodiche esondazioni fluviali ed allagamenti, e per i terreni paludosi. Un'area vulcanica e sismica (grado 0,75-0,100) la cui già elevata radioattività naturale non è mai stata presa in dovuta considerazione né durante la fase di progettazione della centrale elettronucleare, né durante il suo funzionamento.
L'assenza di un dibattito sul nucleare, da diversi anni a questa parte, dopo il referendum del 1987, così come l'allentamento della cultura ambientalista, andato di pari passo con la quasi estinzione della sinistra ecologista, ha portato una parte consistente dell'opinione pubblica a non conoscere più alcuni aspetti controversi legati all'avventura nucleare in Italia, così come l'abbiamo appresa. Una storia che invece merita di essere conosciuta fin dall'inizio.
La scelta del nucleare civile era legata ad interessi strategici degli USA
La scelta di realizzare centrali nucleari, in tempo reale con le tecnologie disponibili all'epoca, nello stesso periodo in cui venivano realizzate negli USA ed in URSS, non proveniva affatto dall'applicazione di ricerche svolte in Italia ma dalla necessità, da parte dell'amministrazione Eisenhower, di scaricare una parte degli enormi costi dovuti alla corsa agli armamenti nucleari sui paesi europei alle prese con la ricostruzione post bellica sostenuta dal piano Marshall. Per il reperimento dei combustibili per le centrali, l'Italia (come il Giappone) si sarebbe inoltre legata ad una dipendenza ancora maggiore dagli USA.
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A battezzare l'ingresso dei nuovi alleati nel club nucleare, in piena guerra fredda, fu il primo test della bomba all'idrogeno (la bomba H) attuato dall'Unione Sovietica, nel 1952, pochi mesi dopo l'analogo test degli americani, e la successiva morte di Stalin, nel marzo 1953. La velocità con la quale i sovietici dimostravano di essere al passo con la corsa agli armamenti spinsero il presidente Eisenhower a pronunciare il famoso discorso Atoms for Peace, nel quale propose all'assemblea delle Nazioni Unite di creare una organizzazione per promuovere l'uso pacifico dell'energia nucleare, il cui seguito furono quattro conferenze internazionali organizzate dall'ONU, a partire dal 1955, nelle quali centinaia di scienziati di 73 paesi ebbero modo di scambiarsi conoscenze, prima segrete, sui progressi scientifici legati al nucleare.
Negli Stati Uniti, in quegli anni, a gestire la ricerca militare e civile del nucleare era l'USAEC (United States Atomic Energy Commission), l'agenzia istituita dal Congresso degli Stati Uniti con l'Atomic Energy Act del 1946, per controllare lo sviluppo della scienza e della tecnologia applicata all'energia atomica. L'AEC rilevò le operazioni del “progetto Manhattan” e rimase una costosissima agenzia sotto stretto controllo governativo, gestita da tre servizi segreti militari.
L'AEC divenne il principale promotore degli investimenti privati per la produzione dell'energia nucleare per scopi civili, e per il “Progetto Sherwood”, un programma segreto che aveva come obiettivo, attraverso i reattori di fusione, di generare neutroni per convertire l'uranio in plutonio al fine di fornire sorgenti di Tritium (Trizio) alle armi termonucleari.
Valletta e l'ambasciatore Usa Dunn Le assemblee Atoms for Peace organizzate dall'ONU furono anche l'occasione per promuovere, tra le delegazioni presenti, le lobby interessate a sponsorizzare il nucleare civile.
Una testimonianza della trafelatezza con la quale gli industriali italiani si lanciarono su questo "business" è agli atti delle conferenze, con l'intervento dell'ing. Valletta della FIAT il quale, preso dall'entusiasmo, nella sua relazione all'assemblea annunciò addirittura che la FIAT stava acquistando un reattore nucleare dalla Westinghouse Electric Corporation, e che avrebbe realizzato una centrale in corso Massimo D'Azeglio a Torino, lungo il Po, esattamente di fronte alla collina di Moncalieri, dimostrando così tutta l'ignoranza e la tracotanza dell'epoca sui rischi connessi al ricorso all'energia nucleare per uso civile.
Nell'immediato secondo dopoguerra l’Italia, paese tradizionalmente povero di risorse energetiche, stava affrontando la sfida della ricostruzione post bellica con una scarsa disponibilità di materie prime ed una rete distributiva dell'energia elettrica inadeguata alle previsioni di crescita, in mano a società private e litigiose, mentre il dibattito sulla nazionalizzazione dell'energia elettrica era contrastato fortemente dalla destra e dai gruppi industriali del settore energetico.
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L'industria elettrica italiana, che fin dalla sua nascita si era caratterizzata per la presenza di produttori “privati”, dopo la fine del secondo conflitto mondiale, rinasceva così grazie agli aiuti del piano Marshall.
In un'epoca che viveva grande fiducia e speranza nel progresso scientifico, dopo le conferenze organizzate dalla presidenza USA, le industrie private italiane dell'energia elettrica, per trattare direttamente la realizzazione delle centrali nucleari, si mossero febbrilmente in un settore caratterizzato dall'assenza totale di leggi ed aperto ad ogni tipo di scorribanda.
Nel giro di poco tempo, nella seconda metà degli anni '50, furono così costituite delle società di diritto privato per trattare direttamente con gli americani e con gli inglesi l'acquisto dei reattori: la Edisonvolta costituì la SELNI (Società Elettronucleare italiana), l'Eni che controllava già attraverso la Snam il 35% del mercato del metano e degli oli combustibili decise di entrare nel mercato dell'energia elettrica e diede vita alla Agip Nucleare, ed alla SIMEA (Società italiana meridionale per l’energia atomica) a compartecipazione Agip-Nucleare e IRI, mentre il gruppo IRI-Finelettrica creò la SENN, (Società Elettronucleare Nazionale) nel 1957, di cui l’85% delle azioni era costituito da aziende del gruppo Finelettrica, Finmeccanica, Finsider e per il restante 15% da società private.
Per la realizzazione della centrale elettronucleare del Garigliano, la prima costruita in Italia, la BIRS, la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (meglio nota come Banca Mondiale, o World Bank) erogò, per la prima ed unica volta nella sua storia, un finanziamento di 40 milioni di dollari dell'epoca (nel 1958) in favore dello sviluppo dell’energia nucleare a “scopi pacifici”.
Lo studio della Banca Mondiale prevedeva che la centrale nucleare fosse integrata con un esteso sistema di distribuzione in grado di consentire la realizzazione di un impianto superiore a 100MW; che l'impianto venisse realizzato in un paese povero di combustibile fossile e dal basso potenziale idroelettrico, ma con una sufficiente disponibilità di capitali; il paese avrebbe dovuto eseguire i necessari accordi intergovernativi per assicurarsi una fornitura continua del combustibile attraverso l'importazione.
Il prestito venne poi concesso alla Cassa per il Mezzogiorno e da questa trasferito alla SENN, Società Elettronucleare Nazionale, creata ad hoc ed incaricata della realizzazione dell'opera. L’intera operazione, fin dall'inizio, si distinse per il suo carattere sperimentale, sia sul piano energetico che finanziario.
Le tecnologie usate, negli anni '50, per gli impianti nucleari in Italia non erano mai state sperimentate adeguatamente.
Può apparire singolare che, in piena Guerra Fredda, a pochi anni dalla nascita della NATO (1949) e dalla fine del secondo conflitto mondiale, in un paese come l'Italia, che aveva solo dei centri di fisica teorica, i cui migliori scienziati erano emigrati all'estero durante la guerra, a qualcuno saltasse in mente di vendere tecnologia nucleare per produrre energia elettrica.
Le tecnologie conosciute negli anni '50 per produrre energia elettrica dal “nucleare” erano sostanzialmente tre e apparentemente semplici, in quanto l'energia, contrariamente a quanto si pensi, è prodotta in realtà dal vapore, non dall'atomo. Una tonnellata di uranio naturale, il combustibile maggiormente usato, può produrre più di 40 milioni di kWh, per produrre le quali servirebbero oltre 16.000 t di carbone o 80.000 barili di petrolio. L'uranio di conseguenza agisce come combustibile per trasformare l'acqua in vapore. I reattori disponibili all'epoca erano di tipo:
  • BWR (Boiling Water Reactor), nei quali l'acqua viene immessa direttamente nel recipiente del reattore, il cui combustibile è principalmente uranio arricchito. A contatto con le barre di uranio “arricchito” l'acqua diventa vapore che viene canalizzato per azionare una turbina, la quale produce elettricità attraverso un generatore. L'acqua utilizzata viene espulsa sotto forma di vapore nell'atmosfera, attraverso un camino, e sotto forma di liquido negli stessi corsi d'acqua da dove viene prelevata.
  • PWR (Pressurized Water Reactor), in cui il procedimento è analogo, con la differenza che l'acqua non viene immessa direttamente nel recipiente del generatore ma passa in canaline esterne. A contatto con il calore del nocciolo del reattore l'acqua diventa vapore e produce energia. Questi impianti sono diventati nel tempo i più diffusi del mondo.
  • GCR Magnox, i reattori raffreddati a gas realizzati dagli inglesi, che utilizzavano come combustibile l'uranio naturale (in barre racchiuse in una lega chiamata appunto Magnox), anidride carbonica come estrattore del calore, barre di acciaio al boro come controllo e barre di grafite come riflettore e come moderatore.
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BWR
L'acqua è quindi l'elemento centrale per la produzione di energia in questo tipo di impianti, i quali per essere realizzati richiedono di essere ubicati presso laghi e grossi corsi d'acqua naturale.
Gli impianti a tecnologia più “vecchia”, negli anni '50, i BWR, erano in realtà degli impianti sperimentali realizzati dalla General Electric Co., sviluppati dalle ricerche effettuate dagli inizi degli anni '50 sui generatori Borax creati negli Idaho National Laboratories, dei quali la seconda generazione è stata la prima a produrre energia per uso civile e commerciale, ad Arco, Idaho (USA), un impianto per soli 6.4 MW che ha funzionato fino al 1956.
Ing. Felice IppolitoIl CNRN (Comitato Nazionale di Ricerche sul Nucleare), creato nel 1952 all'interno del CNR, sotto la direzione del prof. Felice Ippolito, diede un impulso determinante per favorire la scelta nucleare, fino a promuovere vere e proprie campagne giornalistiche allo scopo di fare pressione sul governo. L'ing. Ippolito, che in seguito aderì al PSDI, non si limitò però solo a fare pressione sul governo attraverso i quotidiani, essendo il protagonista principale della trattativa con la BIRS per la realizzazione della centrale del Garigliano, favorendo la creazione di una società ad hoc, la SENN (Società Elettronucleare Nazionale).
Nel 1964 la controversa carriera di Ippolito fu fermata al suo apice, quando era consigliere d'amministrazione dell'ENEL (da poco costituita), per un incidente di percorso: fu arrestato e poi condannato ad 11 anni e 4 mesi (poi amnistiato dal presidente della Repubblica Saragat) per una serie di reati, ben 47, difficilmente elencabili e tutti collegati al suo ruolo nel CNRN per costruire una vera e propria lobby politico-imprenditoriale.
Nel giro di pochi anni, in Italia, vennero messe in cantiere tre centrali nucleari, con tutte e tre le tecnologie esistenti all'epoca (il BWR al Garigliano, il PWR a Latina, il GCR Magnox a Trino Vercellese), per un potenza totale di 500MW, una potenza notevole se si considera che nel 1961 la potenza istallata negli Stati Uniti era di 466,3 MW e quella nell'URSS, nello stesso periodo, era pari a 611,5 MW.
L'impianto di tipo PWR da 134 MW (poi portato a 260 MW), realizzato dalla SELNI (Società Elettronucleare italiana) a Trino Vercellese, su un brevetto della Westinghouse International Electric Company, ed entrato in funzione nel 1964, fu la centrale più potente del mondo della sua epoca, analogo a quello della centrale statunitense di Yankee Rowe.
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Enrico Mattei
Nel 1957 l'ENI di Mattei, attraverso l'Agip nucleare, si rivolse invece alla Gran Bretagna, muovendosi come suo solito in maniera diversa da quella dominante, ordinando alla britannica Nuclear Power Plant Company un reattore del tipo Magnox della potenza di 200 Mw, realizzando in seguito la centrale nucleare di Latina. Nel 1959, per affrontare la necessità di disporre dell'energia nucleare e per non dipendere troppo dall'estero, Mattei costituì poi la società Somiren (Società minerali radioattivi energia nucleare) che scoprì un discreto giacimento di minerale uranifero a Novazza (provincia di Bergamo) e altri minori in Val Maira in Piemonte. La centrale di Latina fu inaugurata nel 1963 e fu la prima ad entrare in funzione. Enrico Mattei però non fece in tempo per vederla, perché morì prima in un misterioso incidente aereo.


Continua...

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